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MC

Monia C.

4 valutazioni

4 recensioni

Valutazioni e recensioni
Può sembrare una normale recensione ma non lo è, per dirlo alla Maccio Capatonda é una lacrima strappastoria,ho deciso di mandare questo e altri numeri di “Topolino”degli anni ‘80 appartenuti a una persona che purtroppo non ho avuto modo di conoscere perchè é venuto a mancare a settembre del 1991,un mese prima che venissi al mondo , il proprietario di questi “Topolino” é un cugino di mia mamma e lì ho ritrovati in una valigia pochi anni fa, ho deciso di venderli perché meritavano una nuova casa e qualcuno che sapesse apprezzarli come ha fatto lui.
Lo sapevo, in cuor mio. Lo sapevo che sarebbe stata una lettura difficile. Di quelle che ti scavano dentro con dita invisibili, lasciandoti un nodo in gola e domande che fanno eco nella mente anche dopo l’ultima pagina. Eppure l’ho portata a termine. Non è il primo libro che mi provoca questo effetto, ma ogni volta è come se fosse la prima. Oriana Fallaci non scrive: affonda. Con parole che sanno essere lama e carezza, ci regala un monologo dirompente, intimo, feroce, umano. È una donna che parla a un figlio che forse non nascerà mai, ma è anche una donna che parla al mondo intero: alla maternità come scelta e non come destino, alla libertà, alla paura, alla forza che a volte vacilla e a volte esplode. È un libro che non si legge: si attraversa. Ti costringe a metterti a nudo, a pensare, a ricordare, a decidere. E anche se a tratti fa male, è un dolore che vale la pena sentire. Perché ogni parola, ogni esitazione, ogni strappo della protagonista è una verità che brucia ancora oggi. L’ho finito con rispetto. Con fatica. Ma anche con una gratitudine silenziosa per aver avuto il coraggio di leggerlo fino in fondo. E, forse, per aver sentito qualcosa che non tutti vogliono o riescono a sentire.
Elle Kennedy colpisce ancora e lo fa con un libro che brucia. Ma sul serio. Ti ho incontrato a mezzanotte è quel tipo di romanzo che inizi pensando “solo un capitolo prima di dormire” e ti ritrovi alle tre di notte sveglia, con gli occhi sbarrati e un leggero senso di invidia verso la protagonista (anzi, non così leggero). La trama è avvincente ma sono i personaggi — e l’alchimia bollente tra loro — a tenerti incollata pagina dopo pagina. Le scene spicy sono scritte con una tale intensità che mi hanno fatto seriamente desiderare di essere nei suoi panni (e no, non solo per il protagonista maschile, che comunque… wow, grazie Elle per aver creato quell’uomo). Ogni dialogo, ogni sguardo, ogni tensione non risolta ha costruito un crescendo erotico che è esploso in momenti di passione che definire roventi è dir poco. Eppure, oltre al lato fisico (che, ripeto, ???), c’è anche un bel percorso emotivo. Un legame che cresce, che scava, che coinvolge. Ma sì, ammettiamolo: sono entrata per la trama, ma sono rimasta per le scene da bollino rosso e per quella sensazione a metà tra il “oddio che caldo” e il “perché non capita a me?!” In conclusione: invidio la protagonista, ho sospirato parecchio, e ora ho bisogno di un ventilatore.
All’inizio de L’infermiera, confesso di aver faticato un po’. I sospetti erano tanti, forse anche troppi, e questo rendeva difficile capire dove l’autrice volesse andare a parare. C’era quasi un senso di smarrimento, come se ogni personaggio potesse nascondere qualcosa di oscuro. Ma proprio questa sensazione di incertezza, col tempo, ha iniziato a giocare a favore della trama. Con il progredire della storia, l’intreccio si fa più avvincente e i pezzi iniziano a incastrarsi in un modo che, pur non essendo troppo pesante o disturbante, riesce a colpire dritto allo stomaco. Il finale… totalmente inaspettato. Un vero shock, di quelli che ti lasciano a fissare il libro per qualche secondo dopo l’ultima pagina. Nel complesso, L’infermiera è un thriller che parte in sordina ma che sa sorprendere. Non sarà il romanzo più cupo o intenso che leggerete, ma è sicuramente uno di quelli che riesce a lasciare il segno — e soprattutto, che ti fa venir voglia di discuterne con qualcuno subito dopo averlo finito.