Più di un milione di libri, a un clic di distanza!
Bookbot

Jean Améry

    31 ottobre 1912 – 17 ottobre 1978

    I saggi di Jean Améry sono profondamente plasmati dalle sue esperienze durante la Seconda Guerra Mondiale. Essendo stato uno studente di filosofia e letteratura, la sua partecipazione alla resistenza contro l'occupazione nazista lo portò alla tortura e alla reclusione nei campi di concentramento. La sua opera esamina criticamente le atrocità del Terzo Reich, in particolare la natura pervasiva della tortura. La scrittura di Améry si distingue per la sua intensa introspezione sui limiti dell'esperienza umana e della memoria.

    Jean Améry
    On suicide
    Essays on Antisemitism, Anti-Zionism, and the Left
    Charles Bovary, medico di campagna
    Levar la mano su di sé
    Rivolta e rassegnazione
    Intellettuale a Auschwitz
    • 2013

      Solitamente ci affrettiamo a togliere dalla vista ogni segno o richiamo della nostra debolezza, della nostra mortalità, e ciò è più che comprensibile. In un’epoca in cui l’intelligenza si distoglie non solo dalle vicende immediate della coscienza, ma più in generale dall’uomo, Améry riflette in questo suo libro sul vissuto, sui segn riflette in questo suo libro sul vissuto, sui segni che la vita lascia sul nostro corpo, registrando con la maggiore lucidità e fedeltà possibili i processi nei quali si trova invischiato chi invecchia, cioè tutti noi. Le sue sono le riflessioni di uno stoico estremo, che procedono sostanzialmente con il metodo dell’introspezione, senza tuttavia trascurare l’osservazione e l’immedesimazione, ma tralasciando volutamente ogni criterio di scientificità, o tantomeno di rigore logico. Con la stessa disincantata lucidità con cui ha analizzato la sua esperienza di sopravvissuto ad Auschwitz, Jean Améry riflette su quell’implacabile perdita di terreno che chiamiamo invecchiare, e, anche se la sua analisi mette in gioco la sua propria sfera personale, e nonostante non vi sia traccia di dubbie attribuzioni di valore del declino – la saggezza dei vecchi, la nobiltà della rassegnazione –, le sue parole riguardano tutti noi.

      Rivolta e rassegnazione
    • 1990

      Con inesorabile precisione e passione di verità, Améry registrò in questa sua vertiginosa discesa nell'abisso concentrazionario le disfatte dello spirito, a cominciare dalla peculiare inferiorità nella quale venne a trovarsi nel Lager. L'inadeguatezza alla dimensione meramente fisica cui a Auschwitz era ridotta la vita lo rese paria tra i paria. Era un intellettuale, un uomo infinitamente più indifeso rispetto a chi, come i credenti di qualsiasi fede o i militanti di ogni ideologia, possiede certezze assolute e spiegazioni inoppugnabili per tutto, stampelle che aiutano a sopportare umiliazioni, privazioni, torture e morte. In questo senso la sua riflessione si rivela di un'ancor più insidiosa , fragilità, impedendogli di illudersi e costringendolo a scrutare sino in fondo l'annientamento della morale. Proprio attraverso la disillusa assolutezza con cui seppe misurare le nostre implacabili "perdite di terreno", Jean Améry si rivela alla fine un maestro di dignità e di libertà. Pubblicato quasi in sordina nel 1966 e diventato nel volgere di qualche anno un classico imprescindibile della letteratura concentrazionaria, "Intellettuale a Auschwitz" è un lucidissimo regesto sul tema del Male in una delle sue più abiette manifestazioni. La sua precisione evocativa penetra nelle fibre della mente lasciando segni indelebili nelle coscienza di ognuno.

      Intellettuale a Auschwitz