Il ragazzo di Telbana
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Rosa Lentini ha ormai varcato la soglia dei quaranta (anche se nessuno lo direbbe), ha un matrimonio alle spalle, una figlia ormai grande e un'altrettanto grande delusione per il mondo universitario, dove dopo il terzo concorso "truccato" è ancora ricercatrice: in filologia, con una specializzazione su Petrarca. L'estate si avvicina e Rosa prende una decisione: chiede un lungo periodo di aspettativa e raggiunge la anziana madre in Sicilia, nella grande casa di Pizzuta, vicino a Catania. Qui, mentre lo Scirocco soffia avvolgendo tutti nel suo languore, nella mente di Rosa prende forma una piccola ossessione: fare luce sull'omicidio di Nunziatina Bellofiore, uccisa in circostanze mai chiarite nel lontano 1956, nel salone di parrucchiera che aveva aperto. Negli archivi non c'è quasi nulla, tutto ciò che Rosa ha a disposizione per la sua indagine sono la memoria lacunosa di chi all'epoca era presente e le armi della filologia: che insegnano proprio a colmare lacune, esercitare la virtù del dubbio, seguire sempre la lectio difficilior anche a costo di mettersi nei guai.
"Immaginate un uomo, accanto al quale sta stesa su un tavolo, la moglie suicida che qualche ora prima si è gettata dalla finestra. L'uomo è sgomento e ancora non gli è riuscito di raccogliere i propri pensieri... Ecco, parla da solo, si racconta la vicenda, la chiarisce da se stesso". Così Dostoevskij presenta al lettore il proprio racconto: 'fantastico' perché registra come sotto dettatura i pensieri che si svolgono nell'interiorità dell'uomo, ma anche estremamente 'reale' nella sua verità psicologica. Passando attraverso vari sentimenti spesso contraddittori, prima discolpandosi, quindi accusando, dandosi spiegazioni che si riveleranno fasulle, il protagonista giunge a poco a poco alla verità.