Sono contenta che mia mamma è morta
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In this full-bore detective tale of scandal and mayhem in the Big Apple, Colin Harrison whips up noir for the 90s, complete with a jaded newspaperman protagonist, a mysterious femme fatale, exhaustive travelogues of the meat-grinder labyrinth of Manhattan, and an elusive jade figurine. Harrison weds a literary sensibility to this tangled tale, but the pleasures of the novel come mainly from the conventional elements of all detective fiction: the assembling of apparently disconnected pieces into a coherent puzzle.
New York, 1936. L'America e il mondo intero guardano con apprensione l'inarrestabile ascesa di Hitler. A Paul Schumann, killer di origine tedesca, è stato catturato dall'FBI e gli viene fatta una strana proposta: le autorità federali gli offrono l'immunità per i suoi crimini in cambio dell'omicidio di Reinhard Ernst, uomo di fiducia del Führer. Paul ha quarantotto ore per individuare il suo obiettivo, eliminarlo, e intanto difendersi dall'apparato di sicurezza nazista. Intanto a Berlino, il detective Willy Khol lavora per fermare la scia di sangue che Schumann si lascia alle spalle.
Una donna è assassinata da Pathe, un hacker diabolico che l'ha adescata infiltrandosi nei file del suo computer. L'uomo ha infatti un programma che gli consente di entrare nella vita delle persone che conosce in rete, per poi attirarle nella sua trappola mortale. Vuole fare il numero più alto possibile di vittime, a partire dal capo dell'unità di polizia di Los Angeles che indaga sui crimini informatici. Per fermare questa follia omicida, il detective Frank Bishop decide di ricorrere a un altro hacker, detenuto per reati analoghi a quelli di Pathe. Inizia così una partita mortale fra l'hacker "buono" e il sadico killer...