Se volessimo dividere in fasi l’opera di Manganelli, il Nuovo commento (1969) apparterrebbe sicuramente a quella che potremmo definire «eroica», in cui lo scrittore, impugnata una lancia istoriata di segni, tentò di raggiungere il luogo da cui sgorgano i segni stessi, vero «pozzo natale e mortale», nonché «sole nero» di ogni scrittura. Presupposto vertiginoso e altamente astratto, da cui però l’arte di Manganelli è riuscita a far scaturire una tensione romanzesca e persino – quale audacia in un tale contesto! – dei personaggi. Sicché alla fine si scoprirà che ciò che leggiamo è un fosco, metafisico dramma, la cronaca di «una qualche continuata, notturna catastrofe». Questo libro rimarrà fra gli esempi più evidenti di ciò che può la letteratura quando si abbandona totalmente al proprio gioco. Appena lesse il manoscritto del Nuovo commento, Italo Calvino indirizzò a Manganelli una lunga lettera, finora inedita, che rimane a tutt’oggi la più densa e illuminante lettura del libro. Manganelli la conservava nella sua copia del Nuovo commento, quasi quel commento al commento appartenesse ormai al testo. La pubblichiamo qui in appendice insieme al risvolto – come sempre prezioso – scritto dall’autore per la prima edizione.
Giorgio Manganelli Libri






Un alternarsi di orrore e solitudine, di incapacità di comprendere e di essere compresi, in una narrazione che nonostante tutto è un inno alla vita e alla forza del "sentire". Alda Merini ripercorre il suo ricovero decennale in manicomio: il racconto della vita nella clinica psichiatrica, tra elettroshock e autentiche torture, libera lo sguardo della poetessa su questo inferno, come un'onda che alterna la lucidità all'incanto. Un diario senza traccia di sentimentalismo o di facili condanne, in cui emerge lo "sperdimento", ma anche la sicurezza di sé e delle proprie emozioni in una sorta di innocenza primaria che tutto osserva e trasforma, senza mai disconoscere la malattia, o la fatica del non sentire i ritmi e i bisogni altrui, in una riflessione che si fa poesia, negli interrogativi e nei dubbi che divengono rime a lacerare il torpore, l'abitudine, l'indifferenza e la paura del mondo che c'è "fuori".
I Classici Blu - 27: Tre uomini a zonzo
- 239pagine
- 9 ore di lettura
Il viaggio esilarante di tre amici molto, molto inglesi ha come meta la Germania. Questa volta niente barca: si va in bicicletta. Tre avventurieri pasticcioni, pronti a ficcarsi in un sacco di guai in una vacanza costellata di colpi di scena e soffusa di umorismo inlgese.
Biblioteca Adelphi - 206: Agli dèi ulteriori
- 165pagine
- 6 ore di lettura
«Che io sia Re, mi pare sia cosa da non dubitare. V’è in me un modo regale di pensare, di opinare, di fantasticare, che non finisce di stupirmi e di allietarmi. Non riesco a pensare a cose umili e povere; ogni cosa deve avere un nome, collocarsi in una gerarchia, incedere o strisciare, ma in modo emblematico. Penso alle aquile; specie al primo dilùcolo, nel silenzio tra notte e giorno, nel freddo che anneghittisce, in mezzo al distratto sgomento dei fiori, penso ad enormi aquile, ali metalliche e sapiente malvagità di occhi...». Con questo perentorio attacco il nuovo libro di Manganelli s’apre e prende slancio per un crescendo di variazioni sul tema d’una lucida esaltazione megalomane. Un bestiario araldico, cifrario d’una cupa euforia, è evocato dalla solitudine dell’insonne che si rigira tra le lenzuola come su una pagina bianca. Il teatro di cui Manganelli ancora una volta apre il sipario per il suo spettacolo verbale è lo spazio della mente: lo popolano fantasmi che convergono tutti sull’allegoria sovrana, la morte, il più carnevalesco e il più sontuoso oggetto della nostra scenografia interiore. Ma al posto della violenza «discenditiva» e autodistruttiva dell’Hilarotragoedia, al posto dell’architettura che eleva propilei e trabeazioni su una gelida capocchia di spillo nel Nuovo commento, qui c’è la tensione energetica del raptus, il librare le ali nei cieli grandiosi della simulazione, il volo radente verso i vortici dell’assenza. Un’ossessione moltiplicatoria e deduttiva affolla le prospettive labirintiche di proliferazioni mitologiche, di moltitudini di dèi o di defunti: dèi a grappoli, dèi a gomitolo, pasta per fare dèi; oppure la popolazione sterminata dei morti, brulicanti nelle filettature d’una madrevite arrugginita, loro ricettacolo segreto, microscopico averno, o addirittura sfarinati e cotti in una focaccia d’oltretomba. Nei sei capitoli di questo libro intimamente unitario – ancorché vario al punto da inglobare un carteggio tra Amleto e la principessa di Clèves, e il già classico Discorso sulla difficoltà di comunicare coi morti –, l’autore non lesina sorprese, novità di timbro e d’invenzione, non meno vistose della sua caparbia fedeltà a se stesso. Il meccanismo mistificatorio funziona con la naturalezza d’un organismo vivente grazie a una particolare accensione di cui Manganelli scrittore contende il segreto al Manganelli teorizzatore della «letteratura come menzogna». Il dotto acrobata che volteggia attorno al trapezio della retorica sul vuoto atemporale dei significati potrebbe essere riconosciuto un giorno come il più fededegno collettore delle allucinazioni e dei deliri dell’io pubblico e privato in questa nostra anticamera dell’ade. La prima edizione di Agli dèi ulteriori è del 1972.
To Those Gods Beyond
- 192pagine
- 7 ore di lettura
This combination of two key works by the Italian avant-garde writer Giorgio Manganelli (1922-90) is a major addition to the small number of his works available in English. In the 1960s Manganelli was a member, along with Umberto Eco and Eduardo Sanguinetti, of the Gruppo 63 movement, and a close friend of Italo Calvino, who provides an enthusiastic foreword that describes "To Those Gods Beyond" (1972) as a "heraldic bestiary" that "launches into a crescendo of variations on its main theme, the self-aggrandisement of a lucid megalomaniac." Perhaps the best known of his works included here, "An Impossible Love," comprises an epistolary exchange between Hamlet and the Princess of Cleves conducted with a "verbal catapult" as the universes about them descend into oblivion. All is overseen by gods beyond whom an endless array of other gods lie in wait, intent on torment. Everything seemingly finite or known in our world becomes infinite and unknown. The book is prefaced by Manganelli's notorious manifesto "Literature as Deception" (1967), in which he describes the "literary object" as something cynical, corrupt and devoted only to turning human suffering into exquisite figures of speech. This is a major new offering of work by this important writer, heralded by Calvino as an "erudite acrobat who twirls around the trapeze of rhetoric above the timeless void of meaning."
In "hundert Romanen" vereint Manganelli erfinderisches und experimentelles Genie. Die unterhaltsamen Geschichten handeln von Mord, Liebe und Betrug und präsentieren zudem vielfältige Erzähl- und Darstellungsweisen, die den Leser in einen Zustand kreativer Phantasie versetzen.
Książkę tę, napisaną przez nieznanego dotąd w Polsce wybitnego włoskiego prozaika i eseisty, zaludnia tłum dziwnych postaci, pan�w w średnim wieku, mniej lub bardziej wykształconych, lepiej lub gorzej ubranych, a każda z tych postaci przeżywa sw�j dziwny epizod, czasami trwający całe lata.Przeżywa sytuacje szokujące i trudne do pojęcia.Bohaterami tych powieści, małych, z kt�rych każda zamyka się na dw�ch stronach, są samotnicy, żyjący na peryferiach życia. W prosty, klarowny, a przez to wirtuozerski spos�b, Manganelli prowadzi nas przez labirynt odosobnienia i nadziei.
Szkice Giorgia Manganellego których bohaterowie to m.in. literatura fantastyczna, dyskretny, schizolidalny snob Ronald Firbank, Samuel Beckett i jego Murphy, szachownica Vladimira Nabokova, przebiegły mag W. B. Yeats czy Henry James są błyskotliwe, często zaskakujące, dalekie od obiegowych sądów i akademickich analiz. Lekturę tego zbioru być może należałoby zacząć od tytułowego manifestu, który fascynuje niewyznaną miłością do literatury, tej aspołecznej, niemoralnej działalności, która prowokuje i rzuca wyzwanie, ofiarowuje magiczną skórę zwierzęcia, mechanizm, kostkę do gry, relikwię, roztargnioną ironię godła. Manganelli pojmuje ją jako domenę fikcji i sztuczności, gry i przypadku, gdzie najważniejszą figurą jest labirynt, jako samonapędzający się mechanizm, samowystarczalny i ostentacyjnie ignorujący wszelkie moralne nakazy, przez co niezmiennie oskarżany o cynizm, skandal, niemoralność.


