Manuel García Ordine dei libri

Corpi solidi, mani forti, parole poche. Qui il desiderio non ha bisogno di romanticismi: basta uno sguardo, un gesto, una tensione nell’aria per accendere tutto. I racconti di Manuel García parlano di uomini veri — meccanici, operai, cuochi, camionisti — che vivono il desiderio con la stessa concretezza con cui afferrano una chiave inglese o spingono un sacco in palestra. Ambientazioni quotidiane, maschili, tangibili. L’eros nasce nel mondo reale, tra polvere e acciaio, e si manifesta come un bisogno fisico, istintivo, senza finzioni. Nel racconto principale, Sesso con il Meccanico, un incontro in officina si trasforma in qualcosa di molto più carico. Il protagonista, arrivato in ritardo a ritirare la macchina, si ritrova davanti a Ivan — torso nudo, mani sporche d’olio e uno sguardo che dice più di mille parole. “Non preoccuparti, siamo soli”, diceva Ivan, mentre si passava la mano sul petto e fissava dritto negli occhi. E in quel momento, tutto il resto — il conto, la macchina, la fretta — smetteva di avere importanza. A volte basta restare un attimo in silenzio, per sentire quello che il corpo ha già deciso.

Un uomo delle pulizie è una raccolta di racconti erotici che bruciano sotto la superficie, in cui l’attrazione scatta tra corpi maschili segnati dal lavoro e dal silenzio. Niente smancerie. Solo tensione, bisogno, istinto. Nel racconto che dà il titolo al libro, Rick risponde a un annuncio per fare le pulizie in una casa disastrata. Ad aprirgli la porta è Kenny Schenck: un muratore alto, asciutto, con le mani callose e gli occhi stanchi. La casa è un caos, lui è appena stato lasciato dalla moglie, e il silenzio che riempie le stanze puzza di latte acido e solitudine. Ma sotto lo sporco, qualcosa pulsa. Qualcosa si muove. Kenny si sedette allargando le gambe, lo sguardo perso sul soffitto. I suoi pantaloni corti si aprivano appena, mostrando un lembo bianco d’intimità. Rick, in canottiera nera e shorts succinti, capì subito una cosa: quel corpo, quelle mani, quell’odore di sudore e calcestruzzo... non gli sarebbero bastati solo il lunedì, il mercoledì e il sabato. Gli incontri raccontati da García non chiedono permesso: irrompono. In un parcheggio deserto, in un’officina al tramonto, negli spogliatoi di una palestra, tra due sguardi che si sfidano. Sono storie fatte di carne, muscoli, fiato trattenuto. Dove il desiderio tra uomini è forza grezza, inevitabile, indecente e bellissima. A volte, è pulendo il disordine di un altro uomo che trovi il tuo posto — in ginocchio, o sopra di lui.

In Tornare a Casa, Manuel García ci porta dove il desiderio maschile si accende nell’attrito, nello scontro, nei silenzi pesanti che precedono il contatto. Officine, docce, spogliatoi, strade notturne: l’erotismo nasce là dove l’uomo vive, lavora, combatte. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, un quarterback professionista cerca di annegare nel sudore e nella sconfitta il dolore più profondo: quello dell’amore perduto, o forse mai veramente avuto. Evan ha talento, fama, un corpo che tutti invidiano — ma nessuna vittoria in campo può cancellare ciò che ha lasciato dietro di sé. Gil, Ethan, la casa che non è più casa, e una voce al telefono che lo accende e lo distrugge, ogni volta. Il getto della doccia gli batteva sul volto, caldo come le lacrime che non riusciva più a trattenere. Ogni goccia era un colpo, ogni respiro un ricordo. Sotto l’asciugamano, il corpo rispondeva ancora — ostinato, traditore. Lo odiava. Eppure, anche ora, in mezzo all’umiliazione e all’odore acre della sconfitta, desiderava. Tornare a Casa è una raccolta che non fa sconti: cruda, sensuale, virile. Nessuna dolcezza inutile. Solo carne, bisogno, e quella fame antica che si accende quando l’uomo desidera l’uomo. E da quel desiderio non si torna più indietro.

Uomini che non chiedono il permesso per desiderare. Uomini che parlano poco, ma sanno farsi capire con uno sguardo, un gesto, un silenzio. In questa raccolta di racconti, Manuel García ci conduce in un mondo maschile, crudo e reale, dove il desiderio si accende all’improvviso — tra colleghi, sconosciuti, rivali — e divampa in incontri carichi di tensione, potere e bisogno. Nessuna finzione, nessun sentimentalismo: solo corpi veri, odori intensi, scelte istintive. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, Chiedere un Aumento al Capo, Ben aspetta il momento giusto per parlare col signor Jacobsen. È tardi, l’ufficio è deserto, le luci sono basse. Un’occasione perfetta per discutere di lavoro — o per capire che, in certi uffici, le regole si scrivono con il corpo. Quello che inizia come una conversazione professionale si trasforma in una prova di coraggio, di sottomissione, di desiderio. «Vedi Ben, io do aumenti solo a chi è disposto a fare di più.» Era davanti a me, a un metro di distanza. Le mani in tasca, lo sguardo fisso. Poi quel movimento. La sua mano, lenta, sotto il tessuto. Un invito muto. Un messaggio chiaro. In quel silenzio teso, ho capito esattamente cosa dovevo fare. Un libro che non accarezza, ma brucia. Dove l’uomo cerca l’uomo non per romanticismo, ma per istinto. E quando il desiderio esplode, non c’è bisogno di parole.