Biblioteca Economica Newton - 34: Racconti di Bosnia - Edizione Integrale
- 160pagine
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Ivo Andrić narra magistralmente la vita nella sua nativa Bosnia sotto il dominio ottomano, intrecciando narrazioni epiche che esplorano i destini umani plasmati dalla storia. Le sue profonde intuizioni sulla psiche umana sono pari a un potente senso del luogo e della cultura. L'opera di Andrić cattura le complessità dell'esistenza, rendendolo una voce significativa nella letteratura.






=Tales of SarajevoLegati a una città dal tragico destino, Sarajevo, i racconti qui presentati sono una parte significativa anche se piccola del grande affresco bosniaco che Andric ha tracciato con tutta la sua opera. Di questa città-simbolo lo scrittore ha delinato con acuto realismo e con paziente studio psicologico le caratteristiche fondamentali attraverso secoli di storia. Il passato è una chiave per intendere il presente, e questi racconti, letti oggi, acquistano un sapore proferico e aiutano a capire il conflitto il corso.
«Corte del diavolo»: così viene chiamata una prigione di Istanbul, sotto l’Impero ottomano. Vi si trovano esemplari di ogni tipo umano: sordidi, innocenti, abietti, perversi, miti, folli. Sono lì rinchiusi per praticità, poiché «la polizia di Costantinopoli si attiene al sacro principio che è più facile rilasciare un innocente dalla Corte del diavolo che non ricercare un colpevole nei meandri di Costantinopoli». È un mondo vibrante di storie fosche, sinistre, che si rispondono in un sottile contrappunto e presto producono una sorta di assuefazione all’inferno. Sovrano del luogo è il direttore Karagöz, poliziotto e metafisico burattinaio, che proprio esercitando un totale arbitrio e togliendo alla tortura il peso della certezza «rendeva più tollerabile e lieve ogni cosa»: figura di tale potenza che, dopo averlo incontrato, anche i lettori di questo magistrale racconto, come gli abitanti della Corte del diavolo, stenteranno «a immaginare la vita senza Karagöz». La Corte del diavolo fu pubblicato per la prima volta nel 1954.
«In ogni donna c’è un diavolo che bisogna ammazzare o con il lavoro o con i parti o con tutte e due le cose» insegna un vecchio detto serbo. Ma Anika è un diavolo potentissimo che non si lascia domare e porta la rovina intorno a sé esercitando una sorta di magia erotica. Questo racconto, dove Andric ha dispiegato tutta la sua potenza di narratore, è la cronaca degli eventi tenebrosi che si svolsero ai «tempi di Anika». «Da quando era stata fondata quella città, da quando la gente nasceva e si sposava, non c’era mai stato un corpo simile, mai una simile andatura e un simile sguardo. Tutto ciò non era nato e non s’era sviluppato in rapporto con quanto lo circondava. Era capitato lì da chissà dove». Questo pensò Alibeg, governatore di uno sperduto paese della Serbia dove si era insediata la magia di Anika, colei che meditava «male e sventura come altri pensano alla casa, ai figli e al pane». Assistita da due cortigiane, nella sua casa discosta dal paese, Anika riceveva gli uomini, tutti gli uomini, e li incantava. Quel suo corpo mirabile era diventato un magnete che attirava a sé i sogni, gli odi e i desideri di un intero paese. I tempi di Anika apparve nel 1931.
Attraverso la storia del più famoso ponte della Bosnia, Andric ́ (1892-1975), premio Nobel per la letteratura nel 1961, evoca le vicende di questa regione dalla fine del XV secolo alla Prima guerra mondiale. Un grandioso romanzo epico che ha per sfondo una terra segnata da un destino tragico.