«Il genio - sentenziava Karl Kraus - può compensare il difetto di venire da una famiglia, non lasciandone alcuna.» Richard Wagner, al peccato originale della sua nascita non pose limiti, anzi, travolse gli argini di ogni umana convenienza e rappresentazione dando vita a una genealogia vastissima e ramificata come le divine lunghezze delle sue opere. Nike, pronipote impietosa, scende i rami di quattro generazioni wagneriane tracciando di ogni legittimo erede profili taglienti. Come in un romanzo d'appendice, rivive tra amori, trionfi e intrighi la saga di una famiglia segnata dalla musica del futuro e del destino. Come in un diario segreto, nervoso e irriverente, si svelano grandezze mancate, difetti inconfessati, meschinità sconcertanti. I Wagner scorrono di fronte e di profilo, schedati come gli attori e i «caratteri» di un cast che sembrano costretti a un'eterna, non sacra rappresentazione di una quotidiana Tetralogia. Tutti ossessionati da un peso insostenibile - essere degni del genio che li ha generati -, tutti costretti a una competizione molto terrena: fare del teatro-tempio di Bayreuth una produttiva macchina della memoria.
