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Edu Borger

    L'eleganza del riccio
    Bouvard e Pécuchet
    • 2008

      Parigi, rue de Grenelle numero 7, è un elegante palazzo abitato da famiglie dell'alta borghesia, tra cui ministri e burocrati. La portinaia Renée osserva la vita di lussuosa vacuità dall'ombra, apparendo conforme all'immagine stereotipata: grassa, sciatta e scorbutica. Tuttavia, nasconde un'anima coltissima, appassionata di arte, filosofia e cultura giapponese, citando Marx, Proust e Kant, mentre si prende gioco dei suoi ricchi padroni. Le sue raffinate conoscenze rimangono segrete, dissimulate con umorismo. Accanto a lei c'è Paloma, la figlia di un ministro, una dodicenne geniale e critica, che ha deciso di porre fine alla sua vita il giorno del suo tredicesimo compleanno. Fino ad allora, finge di essere una ragazza mediocre, osservando con occhio severo l'ambiente che la circonda. Entrambe, pur essendo diverse, condividono uno sguardo ironicamente disincantato. I loro destini si incroceranno grazie all'arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, l'unico in grado di svelare la vera essenza di Renée.

      L'eleganza del riccio
    • 1988

      Bouvard e Pécuchet

      • 376pagine
      • 14 ore di lettura

      "La bètise umana è un abisso senza fondo," diceva Flaubert, ma Bouvard e Pécuchet sono tutt'altro che due idioti. I due copisti e amici investono la grossa eredità di Bouvard per ritirarsi in campagna e per dedicarsi a un accanito sperimentalismo. Mettono in pratica le scienze, le dottrine, le credenze del tempo, spaziando dall'agricoltura al magnetismo, dall'archeologia alla pedagogia ecc. Ma ogni esperienza si risolve immancabilmente in un fallimento. E la delusione è tale da persuaderli che l'unica soluzione sia farla finita; ma proprio allora rinvengono una possibilità alternativa: ritornare al vecchio e umile lavoro di copisti. I due protagonisti del romanzo - iniziato nel 1872 e pubblicato incompiuto un anno dopo la morte dello scrittore - prendono sul serio scienze, filosofia, religione, politica, tecniche, tanto da spingerle alla loro verità ultima, ovvero l'incapacità di dare risposte al mistero del mondo e di modificarne l'assetto. Destrutturano il sapere del secolo, e forse, nella decisione finale di copiare qualsiasi cosa, svelano l'insignificanza anche dell'ultima illusione flaubertiana, la scrittura quale mezzo per dare un senso alle cose.

      Bouvard e Pécuchet