Natura morta
- 416pagine
- 15 ore di lettura
Alessandra Montrucchio è una scrittrice italiana le cui opere approfondiscono le complessità della letteratura moderna e contemporanea. La sua scrittura esplora spesso profonde emozioni umane e sfumature sociali, impiegando uno stile che è allo stesso tempo incisivo e lirico. Attraverso le sue narrazioni, esamina l'essenza delle relazioni interpersonali e i paesaggi psicologici dei suoi personaggi. Il suo contributo letterario risiede nella sua capacità di catturare le sottigliezze dell'esperienza umana, lasciando un'impressione duratura nei suoi lettori.






Se una città è in continuo movimento, come la si può fermare in un libro? Come fissarla sulla pagina? Per farlo, Alessandra Montrucchio si abbandona alla corrente e segue Berlino negli anni, dal 1987 al 2005, in una serie di viaggi che ogni volta le presentano una città che si trasforma e la trasforma: prima turista ingenua ed entusiasta, poi turista sempre entusiasta ma più smaliziata, infine frequentatrice abituale, l’autrice osserva e descrive le metamorfosi di Berlino con la passione di un’innamorata. Così, la città viene incontro al lettore in forme sempre nuove e mai definitive: come Potsdamer Platz, che non è stata solo un check point o una piazza avveniristica ma anche una distesa di fango, vuota e affascinante; o come Charlottenburg, quartiere occidentale elegantemente in declino, con il fascino della vita di provincia. O come le persone che accompagnano Alessandra, e con lei cercano di spiegare e spiegarsi Berlino: da Ilwa e Uwe, testimoni del difficile adattamento al mondo occidentale di chi è nato a Est, fino a Hart, capace di mostrare l’ovvio e il non ovvio, le lotte di strada degli anni Settanta e l’eccezionale birra del Ka De We. E tra falsi e veri miti, angoli inediti, citazioni colte e tappe obbligate, si snoda il racconto attento, romantico ma anche ironico, di una capitale che non ci tiene a esserlo, di una città che non può fermarsi eppure sa offrire luoghi e momenti di pace e rivelazione.
Immagina di essere sveglio in una notte afosa. Immagina di amare ancora chi ti ha lasciato da due mesi. Probabilmente ti è già successo. Ma forse, in quella tua notte afosa di desiderio e abbandono, il telefono non ha squillato. E se ha squillato, a chiamarti per nome non è stato il tuo amore. Non importa. Immagina che sia proprio il tuo amore a telefonarti, finalmente, dopo due mesi. Ma non telefona per chiedere perdono. Telefona per dire addio, a te e alla vita. E allora immagina che la tua voce sia un appiglio lungo il precipizio di questo addio. Immagina di capire che c’è un solo modo per ancorare il tuo amore alla vita: parlargli. Parlargli ancora, parlargli sempre. Per tutta una lunga notte d’afa, finché non lo raggiungerai nella sua città al di là di montagne, e gallerie, e ore di macchina e di stanchezza e di insonnia. Resisterai alla spossatezza? Nelle fauci di un tunnel, il segnale cadrà e perderai il tuo amore oppure no? Riuscirai a raggiungerlo in tempo? Intanto corri, parla, riempigli la mente di idee e canzoni e immagini di vita. Corri, parla. E soprattutto: non riattaccare!