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Dario Villa

    L'arpa di Davita
    Un uomo solo
    • Un uomo solo

      • 148pagine
      • 6 ore di lettura

      Già negli anni Trenta, quando scrisse Addio a Berlino, Isherwood sosteneva di voler trasformare il proprio occhio di romanziere nell’obiettivo di una macchina fotografica. Ma per lungo tempo – attraverso libri molto diversi fra loro, e spesso segnati dai personaggi fittizi o reali che raccontavano – l’intenzione rimase una di quelle fantasticherie stilistiche che spesso gli scrittori inseguono per tutta la vita, senza realizzarle mai. E invece nel suo ultimo romanzo – questo – Isherwood trasforma una giornata nella vita di George, un professore inglese non più giovane che vive in California, in un’asciutta, e proprio per questo struggente, sequenza di scatti. Non è una giornata particolare per George: solo altre ventiquattr’ore senza Jim, il suo compagno morto in un incidente. Ventiquattr’ore fra il sospetto dei vicini, la consolante vicinanza di Charlotte, la rabbia contro i libri letti per una vita ma ormai inutili, e il desiderio per un corpo giovane appena intravisto ma che forse è già troppo tardi per toccare. Quanto basta per comporre un ritratto che non si può dimenticare, e un racconto che alla sua uscita sorprese tutti, suonando troppo vero per non essere scandaloso.

      Un uomo solo
    • L'arpa di Davita

      Romanzo

      • 360pagine
      • 13 ore di lettura

      È il 1930. L'America, appena uscita dalla Grande Crisi, vede affacciarsi sull'Atlantico il periodo nazi-fascista. Davita, una bimba di otto anni, assiste alla fine delle illusioni dei genitori, intellettuali impegnati a sinistra, che speravano nella fine del capitalismo e nell'avvento di una società più giusta. Con la tragedia di Guernica, nel 1937, dove si compie il destino del padre di Davita, ogni speranza sembra essere tramontata. Ma, proprio a questo punto, l'ormai adolescente Davita avverte il fascino della tradizione religiosa ebraica dei nonni materni. La religione, qui come in tutti i romanzi di Potok, non è un modo per fuggire dalle durezze della storia, bensì una chiave per comprendere la realtà. E non nasce dalla paura, ma dal coraggio e dalla libertà.

      L'arpa di Davita