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Laura Frausin Guarino

    Gli Adelphi - 368: L'orologiaio di Everton
    Biblioteca Adelphi - 360: Tre camere a Manhattan
    Le Inchieste di Maigret - 271: Maigret e la giovane morta
    Biblioteca Adelphi - 376: Il viaggiatore del giorno dei Morti
    Il dio del massacro
    Due
    • 2012

      Due

      • 237pagine
      • 9 ore di lettura

      «Diceva bene il primo editore francese di Irène Némirovsky, che questo romanzo, il suo “primo d'a­mo­re”, era bello almeno quanto il celeberrimo David Golder. Forse è più bello. Ha una vena nuova, per nulla ironica, ma ugualmente dura, raffi­nata, indagatrice, ha un timbro esclusivamente femminile, questo romanzo magnifico sull'essere in due. I giovani reduci della prima guerra mondiale, tornando a casa, “accusano” quella guerra ormai finita, nei fasti di una Parigi che vuole rinascere, ma non possono dimenticare il fango delle trincee. Sono loro i veri protagonisti di queste relazioni strane, sghembe, eppure così comprensibili, così moderne per essere ambientate negli anni Venti ... Un capolavoro di psicologia e sociologia, imbarazzante per la sua verità dispiegata. Una penna magnifica, un libro imprescindibile». Valeria Parrella

      Due
    • 2011

      Il dio del massacro

      • 91pagine
      • 4 ore di lettura

      Fin dalle primissime battute di questa commedia al tempo stesso esilarante e feroce appare chiaro perché Roman Polanski abbia deciso di portarla sullo schermo – e perché attori come Isabelle Huppert, Ralph Fiennes e James Gandolfini abbiano voluto interpretarla a teatro. Poche volte, infatti, un autore è stato capace di squarciare con altrettanto soave crudeltà i veli destinati a ricoprire la costitutiva barbarie della creatura umana. Nel lindo, assennato salotto borghese in cui due coppie di genitori si incontrano per cercare di risolvere, da persone adulte e civili quali essi ritengono di essere, una questione in fondo di poco conto (una lite scoppiata ai giardinetti tra i rispettivi figli), vediamo sgretolarsi a poco a poco le maschere di benevolenza, tolleranza, buona creanza, e di correttezza politica, apertura mentale, dirittura morale; e sotto quelle maschere apparire il ghigno del nume efferato e oscuro che ci governa sin dalla notte dei tempi: il dio del massacro, appunto. Con uno humour corrosivo e una sorta di noncurante cinismo (e senza mai assumere il tono del moralista), in una lingua volutamente media, che sfodera tutto il suo micidiale potere, Yasmina Reza costruisce un brillante psicodramma, porgendo allo spettatore (e al lettore) uno specchio deformante nel quale scoprirà, non senza un acido imbarazzo, qualcosa che lo riguarda molto da vicino.

      Il dio del massacro
    • 2010

      «Ma cos’hanno i romanzi di Simenon, che ci rimangono incollati alle mani e non ci danno tregua fino all’ultima pagina? E perché ogni volta ci lasciano dentro un’amarezza strana, come se ci avessero portato in un punto dove non volevamo arrivare, che non volevamo conoscere? La risposta probabilmente sta nella profonda onestà intellettuale di Simenon, nella sua incapacità di mentire, di raccontarci la vita migliore di quello che è ... i suoi romanzi nascono dalla consapevolezza di ciò che veramente sono gli esseri umani, di quali forze segrete li muovono, e di quanto provano inutilmente a dimenticare la propria implacabile sostanza. Una conferma arriva da questo romanzo del 1954, L’orologiaio di Everton ». Marco Lodoli

      Gli Adelphi - 368: L'orologiaio di Everton
    • 2005

      «Maigret non voleva ammetterlo, ma quello che lo lasciava più perplesso era il volto della vittima. Per il momento, ne conosceva un solo profilo. Che fossero le contusioni a darle quell’espressione imbronciata? Sembrava una bambina, una bambina di cattivo umore. I capelli scuri, morbidissimi, buttati indietro, erano naturalmente ondulati. Sotto la pioggia, il trucco si era un po’ sciolto, e questo, anziché invecchiarla o imbruttirla, la rendeva ancora più giovane e attraente».

      Le Inchieste di Maigret - 271: Maigret e la giovane morta
    • 1999

      Con un cappotto troppo lungo e un incongruo berretto di pelliccia sulla testa, il volto pallido e febbrile, un giovane sconosciuto sbarca, alla vigilia del giorno dei Morti, alla Rochelle da un cargo proveniente da Trondheim. Scoprirà di essere l’erede del vasto patrimonio dello zio, un uomo a lui ignoto, che è vissuto in una feroce solitudine. E scoprirà anche che suo zio teneva in pugno tutti i ricchi notabili della città, riuniti in un sinistro sindacato. Più esattamente: teneva i loro segreti in una cassaforte di cui nessuno ora conosce la combinazione. Comincia così una partita mortale fra il giovane straniero, che tutti vorrebbero docile e sprovveduto, e i vari potenti del luogo, attaccati a un ordine delle cose che deve rimanere intatto. Ma il giovane pallido ha una precisa percezione dei trabocchetti che si aprono a ogni suo passo in quell’inferno di provincia. E una tenace determinazione lo spinge a salvarsi. Così riuscirà anche a trovare, nel terrorizzante groviglio che lo avvolge, il filo di una imprevedibile, perfetta storia d’amore.

      Biblioteca Adelphi - 376: Il viaggiatore del giorno dei Morti
    • 1998

      New York, notte. Un uomo e una donna camminano lungo la Quinta Strada. Entrano in un bar. Ne escono. Un altro bar. E riprendono a camminare, instancabili, come se non potessero fare altro che camminare: «come se avessero sempre camminato così, per le strade di New York, alle cinque del mattino». Come se la notte non dovesse mai finire. Lui non sa niente di lei, lei non sa niente di lui. Lei traballa un po’ sui tacchi troppo alti, e ha una voce roca, una voce che fa pensare a una pena oscura; su una delle sue calze chiare spicca una smagliatura sottile – come una cicatrice. Non è né giovanissima né prepotentemente bella; sul suo viso, i segni di una stanchezza, di una ferita remota: ma è proprio questo a renderla seducente. Si sono incontrati solo poche ore prima, in una caffetteria nei pressi di Washington Square, come due naufraghi, e ora «sono così tenacemente avvinti l’uno all’altro che la sola idea della separazione risulta loro intollerabile». Ma come si può rimanere in quel territorio privilegiato, fuori del tempo e dello spazio, che è l’ amour fou ? Con Tre camere a Manhattan (di cui disse: «È uno dei pochissimi romanzi che abbia scritto a caldo – e questo mi faceva paura») Simenon si impone come un grande romanziere della passione. Tre camere a Manhattan fu scritto negli Stati Uniti nel 1946.

      Biblioteca Adelphi - 360: Tre camere a Manhattan