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José Saramango

    16 novembre 1922 – 18 giugno 2010

    José Saramago si afferma come una delle voci letterarie internazionali più significative dell'ultimo secolo. Il suo vasto corpus di opere, tradotto in oltre quaranta lingue, è celebrato per il suo distintivo stile narrativo, il profondo umanesimo e l'acuta critica sociale. Saramago intreccia magistralmente eventi storici con riflessioni esistenziali, addentrandosi nelle complessità della natura umana. I suoi romanzi, spesso caratterizzati da frasi lunghe e fluide e dialoghi non convenzionali, spingono il lettore a contemplare la natura della realtà, del potere e della libertà.

    José Saramango
    Cecità
    Memoriale del convento
    L'anno della morte di Ricardo Reis
    Caino
    Il Vangelo secondo Gesù Cristo
    Una terra chiamata Alentejo
    • Il Gesù Cristo di Saramago, da alcuni cristiani ortodossi ritenuto blasfemo, è un carattere fortemente spirituale, ma in tutto e per tutto umano, che incarna i dubbi e le sofferenze propri della condizione universale di uomo. Il figlio di Dio, dalla nascita a Betlemme alla morte sul Golgota, affronta le medesime esperienze descritte nel Vangelo, qui però narrate secondo una prospettiva terrena, con spirito critico e senso logico. In questa storia non c'è fede nei miracoli, bensì coscienza di trovarsi in balìa della volontà di potenza di un Dio padre distante e indifferente al dolore che provoca. La serie di disgrazie, stragi e morti che costellano l'esistenza di Gesù, fino al non cercato e non accettato compimento del destino di vittima sacrificale, diventa così un'occasione per riflettere sulla contrapposizione tra bene e male, sulla problematicità di fare il giusto tramite l'ingiusto, sull'imperscrutabilità del senso della vita umana e sulla sconcertante ambiguità della natura divina.

      Il Vangelo secondo Gesù Cristo
    • Caino

      • 142pagine
      • 5 ore di lettura

      A vent'anni dal Vangelo secondo Gesù Cristo , José Saramago torna a occuparsi esplicitamente di religione con una prova narrativa impeccabile per stile e ironia. Se in passato il premio Nobel portoghese ci aveva dato la sua versione del Nuovo Testamento, ora si cimenta con l’Antico. E per farlo, sceglie il personaggio più negativo, la personificazione biblica del male, colui che uccide suo fratello: Caino. Capovolgendo la prospettiva tradizionale, Saramago ne fa un essere umano né migliore né peggiore degli altri. Al contrario, il dio che viene fuori dalla narrazione è un dio malvagio, ingiusto e invidioso, che non sa veramente quello che vuole e soprattutto non ama gli uomini. È un dio che rifiuta, apparentemente solo per capriccio e indifferenza, l’offerta di Caino, provocando così l’assassinio di Abele. Cacciato e condannato a una vita errabonda, il destino di Caino è quello di un picaro che viaggia a cavallo di una mula attraverso lo spazio e il tempo, in una landa desolata agli albori dell’umanità. Ora da protagonista, ora da semplice spettatore, questo simpatico avventuriero un po’ mascalzone attraversa tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica: la cacciata dall’Eden, le avventure con l’insaziabile Lilith,il sacrificio di Isacco, la costruzione della Torre di Babele, la distruzione di Sodoma, l’episodio del vitello d’oro, le prove inflitte al povero Giobbe, e infine la vicenda dell’arca di Noè (alla fine della quale, con un colpo da maestro, l’autore cambia radicalmente il corso della storia umana). Riscrittura ironica e personalissima della Bibbia, Caino è un’eccezionale invenzione letteraria e una potente allegoria che mette in scena l’assurdo di un dio che appare più crudele del peggiore degli uomini. L’opera maggiore di uno scrittore nel pieno della sua maturità, forse mai così libero, lucido e vivace.

      Caino
    • Nel 1936, mentre all’orizzonte si preannuncia la seconda guerra mondiale, scoppia quella di Spagna. Nello stesso anno muore Ricardo Reis, solo un anno dopo la scomparsa del suo inventore, Fernando Pessoa. Reis è infatti uno dei tanti eteronimi di Pessoa, che ne aveva immaginato l’ideale biografia (nato a Porto nel 1887, educato dai gesuiti, medico, espatriato per ragioni politiche in Brasile nel 1919) e gli aveva attribuito come poeta classicistiche odi oraziane, ma non gli aveva dato carne e sentimenti. Cosa che invece gli dà Saramago, che lo fa tornare in patria in occasione della morte del suo creatore, gli fa aprire uno studio medico a Lisbona, gli fa vivere una vera vita, sociale, sessuale e affettiva. E prima di morire – nel fatidico anno che è il vero protagonista del romanzo – lo fa essere testimone di eventi tragici, filtro attraverso cui rileggere la storia del Portogallo salazarista, allineato a fascisti, nazisti e falangisti in tutt’Europa.

      L'anno della morte di Ricardo Reis
    • Memoriale del convento

      • 320pagine
      • 12 ore di lettura

      Alternate cover edition here Era uma vez um rei que fez promessa de levantar convento em Mafra. Era uma vez a gente que construiu esse convento. Era uma vez um soldado maneta e uma mulher que tinha poderes. Era uma vez um padre que queria voar e morreu doido. «Um romance histórico inovador. Personagem principal, o Convento de Mafra. O escritor aparta-se da descrição engessada, privilegiando a caracterização de uma época. Segue o estilo: "Era uma vez um rei que fez promessas de levantar um convento em Mafra... Era uma vez a gente que construiu esse convento... Era uma vez um soldado maneta e uma mulher que tinha poderes... Era uma vez um padre que queria voar e morreu doido". Tudo, "era uma vez...". Logo a começar por "D. João, quinto do nome na tabela real, irá esta noite ao quarto de sua mulher, D. Maria Ana Josefa, que chegou há mais de dois anos da Áustria para dar infantes à coroa portuguesa a até hoje ainda não emprenhou (...). Depois, a sobressair, essa espantosa personagem, Blimunda, ao encontro de Baltasar. Milhares de léguas andou Blimundo, e o romance correu mundo, na escrita e na ópera (numa adaptação do compositor italiano Azio Corghi). Para a nossa memória ficam essas duas personagens inesquecíveis, um Sete Sóis e o outro Sete Luas, a passearem o seu amor pelo Portugal violento e inquisitorial dos tristes tempos do rei D. João V.» (Diário de Notícias, 9 de Outubro de 1998)

      Memoriale del convento
    • Cecità

      • 315pagine
      • 12 ore di lettura

      In una città qualunque, di un paese qualunque, un guidatore sta fermo al semaforo in attesa del verde quando si accorge di perdere la vista. All'inizio pensa si tratti di un disturbo passeggero, ma non è così. Gli viene diagnosticata una cecità dovuta a una malattia sconosciuta: un "mal bianco" che avvolge la sua vittima in un candore luminoso, simile a un mare di latte. Non si tratta di un caso isolato: è l'inizio di un'epidemia che colpisce progressivamente tutta la città, e l'intero paese. I ciechi, rinchiusi in un ex manicomio e costretti a vivere nel più totale abbrutimento da chi non è stato ancora contagiato, "scoprono - come ha scritto Cesare Segre - su se stessi e in se stessi, la repressione sanguinosa e l'ipocrisia del potere, la sopraffazione, il ricatto e, peggio di tutto, l'indifferenza". Saramago denuncia con intensità di immagini e durezza di accenti la notte dell'etica in cui siamo sprofondati. E, paradossalmente, è proprio il mondo delle ombre a rivelare molte cose sul mondo che credevamo di vedere.

      Cecità
    • Cosa succede a un paese se alle elezioni i cittadini decidono in massa di votare scheda bianca? Quali meccanismi vengono sollecitati fino alla rottura, quali contromisure andranno messe in atto? Se lo chiede José Saramago con questo straordinario romanzo, avvincente come un giallo e penetrante come un'analisi (fanta)politica. L'ipotesi più accreditata è che ci sia un legame fra questa "rivolta bianca" e l'epidemia di cecità che, solo quattro anni prima, si era sparsa come la peste. Gli indimenticabili protagonisti di Cecità fanno ritorno, per condurci in un viaggio di scoperta delle radici oscure del potere. Un viaggio che ci fa gettare uno sguardo nuovo e spietato sui meccanismi del mondo nel quale esercitiamo (o crediamo di esercitare) ogni giorno la nostra libertà.

      Saggio sulla lucidità
    • Un paese senza nome, 31 dicembre, scocca la mezzanotte. E arriva l'eternità, nella forma più semplice e quindi più inaspettata: nessuno muore più. La gioia è grande, la massima angoscia dell'umanità sembra sgominata per sempre. Ma non è tutto così semplice: chi sulla morte faceva affari per esempio perde la sua fonte di reddito. E cosa ne sarà della chiesa, ora che non c'è più uno spauracchio e non serve più nessuna resurrezione? I problemi, come si vede, sono tanti e complessi. Ma la morte, con fattezze di donna, segue i suoi imprendibili ragionamenti: dopo sette mesi annuncia, con una lettera scritta a mano, affidata a una busta viola e diretta ai media, che sta per riprendere il suo usuale lavoro, fedele all'impegno di rinnovamento dell'umanità che la vede da sempre protagonista. Da lì in poi le lettere viola partono con cadenza regolare e raggiungono i loro sfortunati (o fortunati?) destinatari, che tornano a morire come si conviene. Ma un violoncellista, dopo che la lettera a lui indirizzata è stata rinviata al mittente per tre volte, costringe la morte a bussare alla sua porta per consegnarla di persona.

      Le intermittenze della morte